Gli atomi sono in movimento perenne, a diversa velocità: il loro turbinio è reso con l’immagine del
moto del pulviscolo in un raggio di sole, che penetra in una stanza buia (II, 114-124). La loro
traiettoria non è perpendicolare, ma risente di una deviazione (clinamen), che sottrae l’incontro degli
atomi a una rigorosa necessità. In quest’universo di vuoto e materia mobile gli dèi hanno un ruolo
marginale, che non interferisce con la vita degli uomini; sulla scorta di quanto hanno cantato i poeti
greci, viene descritta la Dea Madre, Cibele, con i suoi rituali: ma si tratta di
leggende lontane dalla verita (II, 645: longe... a vera ratione repulsa).
Gli atomi hanno forme differenti, ma la loro varietà non è infinita; infinito è invece il loro numero.
Lucrezio mette in poesia il congiungimento e la separazione della materia, artefici della vita e della
morte, come principio che regola la vita in tutto l’universo; né il nostro mondo può considerarsi
l’unico, dal momento che il vuoto e la materia atomica sono infiniti. Ma tutto deperisce con il tempo:
la Terra è stanca e, dopo aver creato tutti i viventi, ha ora perduto la sua forza generativa (II,
1150-1152: iamque adeo fracta est aetas effetaque tellus /... quae cuncta creavit / saecla)
L’argomentazione lucreziana è volta a difendere il vero punctum dolens della teoria epicurea, su
cui si erano appuntate le maggiori critiche dei detrattori; ad esempio Cicerone (De fin. 1,6,19) non si perita
di definirla res tota ficta pueriliter, poiché se nil de nilo è un principio fondamentale della fisica, occorre di
conseguenza postulare una causa precisa per ogni fenomeno.
Nel passo quindi si avverte la tensione didattica dell’autore, come pure l’attenzione a calibrare il
concetto di clinamen, essenziale e fondamentale, perché su di esso si fonda anche quell’impulso primario
che è il libero arbitrio dell’uomo, nel cui animo risiede la forza morale in grado di controllare i vari impulsi
interni o esterni ad esso.
In tal modo Lucrezio riesce a rendere sillogisticamente ineccepibile il passaggio dalla fisica
all’etica ed il clinamen viene ad assumere l’aspetto di una soluzione che, se all’apparenza può risultare
arbitraria, perché può essere considerato insufficiente il principio di non contraddizione, non può comunque
essere liquidata semplicisticamente come fantastica, soprattutto alla luce delle più recenti osservazioni nel
campo della fisica.
Il clinamen
A questo proposito voglio che tu sappia anche
che, quando i corpi cadono diritti attraverso il vuoto
per il loro peso, in qualche tempo e luogo
non definiti deviano per un poco, tanto che appena
220 può dirsi modificato il loro percorso.
Se non usassero deviare, cadrebbero tutti
come gocce di pioggia nel vuoto profondo,
non si produrrebbero scontri né urti
fra gli elementi, e la natura non avrebbe creato mai nulla.
225 Se c’è chi crede che i corpi più pesanti, cadendo
dritti nel vuoto a maggiore velocità, per ciò possano
piombare dall’alto sui corpi più leggeri e in tal modo
produrre gli urti che diano vita ai moti generativi,
va molto lontano dalla vera ragione.
230 Tutte le cose che cadono attraverso l’acqua e l’aria
sottile accelerano necessariamente il proprio moto a seconda del peso,
perché la sostanza dell’acqua e la tenue natura dell’aria
non possono trattenere ogni oggetto alla stessa misura,
ma cedono più velocemente, vinte dai corpi di maggior peso.
235 Ma in nessuna parte e nessun momento
il vuoto può resistere a qualunque cosa
senza ritirarsi, come chiede la sua natura;
per ciò tutti i corpi, attraversando il vuoto immobile,
devono cadere egualmente, pur avendo peso
240 diseguale . Dunque i più pesanti non potranno mai
piombare dall’alto sui più leggeri e produrre gli urti
capaci di modificare il moto per cui la natura dà vita alle cose.
È dunque necessario che i corpi deviino
un poco, non più di un minimo: non dobbiamo immaginarci
245 movimenti obliqui, smentiti dalla realtà stessa .
Vediamo infatti ben chiaro ed evidente
che di per sé i corpi non possono muoversi obliquamente
quando precipitano giù dall’alto, come si può vedere .
Ma chi è che può vedere che non deviino
250 assolutamente dalla linea retta nel loro percorso?
Infine, se ogni movimento è connesso ad altri,
e il nuovo nasce dal vecchio in un ordine determinato,
e gli elementi deviando non provocano
l’inizio di un moto capace di spezzare le leggi del fato,
255 in modo che la causa non segua la causa all’infinito,
da dove nasce in terra per gli esseri viventi, ti dico,
la libera volontà indipendente dal fato,
grazie alla quale procediamo ognuno dove lo guida
il piacere, e deviamo dal nostro percorso non in luogo
260 né in tempo determinato, ma quando lo decide la mente?
Senza dubbio è la volontà di ciascuno che dà inizio
a tutto ciò, e di qui i moti si diffondono per le membra .
Non vedi che quando si aprono tutte d’un colpo le sbarre,
la forza smaniosa dei cavalli non può prorompere
265 subito come la mente di per sé vorrebbe?
Tutta la massa della materia deve essere
sollecitata per tutto il corpo perché, sforzata
attraverso tutti gli arti, segua la volontà della mente;
così vedrai che l’inizio del moto si crea dal cuore
270 e procede all’inizio della volontà del nostro animo,
poi si diffonde per tutto il corpo e le membra.
Non è come quando avanziamo spinti da un urto,
per la forza preponderante e la spinta di un altro.
In quel caso è evidente che tutto il nostro corpo
275 si muove ed è trascinato contro il nostro volere,
finché la volontà non lo frena attraverso le membra.
Non vedi dunque che, benché una forza esterna costringa
spesso molti uomini a procedere contro il loro volere
e a farsi trascinare a precipizio, tuttavia c’è nel nostro petto
280 qualcosa che può fare resistenza e combattere?
Al suo volere anche la massa della materia
è spesso costretta a piegarsi attraverso le membra e gli arti,
e a frenarsi e a indietreggiare nel proprio slancio.
È dunque necessario riconoscere che anche nei corpi elementari
285 c’è un’altra causa di moto oltre agli urti e al peso,
da cui ci arriva questa facoltà innata
poiché sappiamo che nulla viene dal nulla .
Il peso impedisce che tutto si produca attraverso gli urti
come per una forza esterna. Ma che la mente
290 in tutto ciò che compie non abbia una necessità interna,
che non sia sconfitta e costretta a sopportare,
ciò nasce proprio dalla piccola inclinazione degli elementi
che avviene in un momento e un punto indeterminati .
Franz Kafka, due millenni dopo, esprimeva lo stesso concetto, quasi con le stesse parole, più e più volte. Das winzigste Kleinigkeit, cioè la più minuscola piccolezza (e potremmo ben tradurre anche dicendo: «la più esigua declinazione»), può «decidere della esistenza di un uomo».
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